giovedì 17 gennaio 2019

Charles Fréger e la fotografia come ricerca antropologica




     Charles Fréger è nato a Bourge, in Francia, nel 1975. Nel 2002, dopo due anni dalla laurea presso l'Università di Rouen, fonda il progetto "Piece of Cake", finalizzato a stimolare l'incontro e il confronto tra giovani fotografi europei, grazie a seminari organizzati periodicamenti
 Tra il 2010 e il 2011,  Fréger inizia il progetto "Winder Mann", il quale mira a documentare la figura del "Wild Man" nei rituali carnevaleschi europei. Nei 18 paesi in cui l'autore ha svolto il suo documentario, è possibile individuale numerosi elementi in comune, come il periodo dell'anno in cui i rituali si compiono o l'utilizzo di costumi costituiti da pelli di animali, rami e campane, ma ogni gruppo etnico evidenzia una propria identità.
 Altro elemento, che coinvolge Charles Fréger, è la motivazione psicologica per cui un individuo sceglie una determinata maschera. Il perché si scelga di farsi inghiottire dalla pelle di un orso o di una capra.

"Wilder Mann: The Image of the Savage" (272 pagine, lingua inglese, ed. Dewi Lewis Pub, 2 agosto 2012) su Amazon



lunedì 14 gennaio 2019

Francesca Woodman, tra surrealismo anatomico e metafisca degli interni.




     Nata nel 1958 a Denver (Colorado, Usa), Francesca Woodman crebbe in un ambiente intriso di creatività, essendo il padre pittore, fotografo e docente di fotografia alla University of Colorado at Boulder, mentre sua madre era scultrice e ceramista. Ella iniziò a fotografare già durante il college, iniziando un'attività che l'avrebbe portata, fino al tragico suicidio avvenuto a 22 anni, ad effettuare più di 800 fotografie.
 Lo stile di Francesca Woodman fu particolarmente influenzato dagli autori surrealisti, in particolare Man Ray. I suoi ritratti sono pose di nudo in cui il suo corpo risulta velato, quasi fuso con l'architettura e l'arredamento degli interni, come zavorre o resistenze in grado di celare la natura dell'essere, opprimendola ma anche difendendola attraverso la mimetizazione dell'organico con l'inorganico. Una sorta di bozzo che riveste l'artista in attesa di una corazza più forte e duratura.
 La manipolazione della messa a fuoco, del tempo di esposizione e della luce riesce a rendere ancor più onirica la scena, che risulta rafforzata dalla scenografia decadente e all'utilizzo di vestiti vintage,  i quali conferiscono una notevole sfumatura gotica.
 

martedì 8 gennaio 2019

Hans Hartung, perennemente sospeso tra impulso e riflessione






     Nato nel 1904 a Lipsia, in Germania, Hans Hartung fu attratto dall'astrattismo fin dall'adolescenza. L'incontro con le avanguardie francesi, mentre frequentava l'Academy of Fine Arts Dresden, lo portò a trasferirsi a Parigi nel 1926, dove approfondì lo studio delle opere di Henri Matisse, Georges Braque, Juan Gris e Pablo Picasso.
 Dopo lo scoppio della guerra, Hartung prestò servizio prima nella Legione Straniera e, successivamente, nelle Forces françaises libres. Gravemente ferito sul fronte tedesco, fu sottoposto all'amputazione di una gamba. Dopo il conflitto, fece ritorno a Parigi, dove continuò la sua attività di pittore, divenendo esponente di spicco dell'arte informale e del tachisme.
 I suoi dipinti del dopoguerra risultano essere il frutto di un percorso razionale attraverso cui l'istinto e l'emotività di abbozzi spontanei venivano processati e riportati su tele di grande formato. L'astrazione gestuale e la creatività audace andavano a fondersi con l'armonia dei principi estetici e matematici.
 Il Gran Premio della Biennale di Venezia, conseguito nel 1960, ha segnato un'importante svolta nella sua vita artistica, portandolo a improvvisare direttamente su tela, a utilizzare acrilici ad asciugatura rapida e vernici viniliche, ma anche a eseguire esplorazioni e sperimentazioni con strumenti diversi e insoliti, inclusi rulli di litografia, fronde di piante, ruote per sedie a rotelle e accessori per il giardinaggio.



domenica 6 gennaio 2019

Mauro Staccioli, tra la simbiosi paesaggistica di "Sensibile ambientale" e quella "Oltreforma" con Marco Tirelli





 Simbiosi tra arte e territorio. Ambiente che plasma, non attraverso fenomi biologici o metereologici, ma mediante l'artista, che diviene tramite tra paesaggio e materia. Fabbro divino immerso in una genesi estatica. Questo è stato Mauro Staccioli, un fabbro sciamano le cui opere hanno tessuto fili emotivi tra tempo e spazio, connettendo l'uomo moderno agli avi e alla natura originaria.
 Glorificazione di questa simbiosi è stata la mostra “Mauro Staccioli. Sensibile ambientale”, tributo in cui l'artista è stato celebrato nello splendido contesto delle Terme di Caracalla, dove, grazie all'impegno di Alberto Fiz, è stato possibile fondere le opere dell'artista con le architetture  antoniniane.
 Basta osservare l'opera "Seneffe", che par quasi un vortice vivente creato dalla proiezione degli archi, come un buco nero che si appropria dell'architettura altrui.



sabato 5 gennaio 2019

Le contemplazioni di Hiroshi Sugimoto





      Hiroshi Sugimoto è nato a Tokyo nel 1948. Dopo aver conseguito il "Bachelor of Arts" presso la Rikkyo University, intraprese un viaggio di studio che lo portò a visitare prima i paesi del Patto di Varsavia, successivamente l'Europa occidentale e infine gli States. 
 Fondamentale risultò la sua permanenza negli Usa, dove conseguì, presso l'ArtCenter College of Design, il Bachelor of Fine Arts (B.F.A.). Altro tassello essenziale, per il suo sviluppo artistico, fu la visita all'American Museum of Natural History di New York, dove l'impatto con il fortissimo realismo dei diorami di animali e persone ispirò la serie Dioramas, Seascapes e Theaters.